La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 3947 del 26 febbraio 2015, ha fornito alcune interessanti precisazioni in ordine al termine entro il quale può essere preteso il pagamento delle spese condominiali.
Nel caso esaminato dalla Cassazione, la Corte d’appello di Roma, in riforma della sentenza di primo grado emessa dal Tribunale della medesima città, aveva ritenuto ammissibile l’opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto dall’INPS nei confronti di un soggetto, volto ad ottenere il pagamento di canoni di locazione e di oneri accessori, relativi ad un immobile di proprietà dell’INPS e che era stato successivamente venduto al conduttore stesso.
In considerazione del pagamento dei canoni effettuato in corso di causa, infatti, la Corte d’appello aveva revocato il decreto ingiuntivo, condannando il soggetto interessato al pagamento della residua somma, pretesa a titolo di oneri accessori.
Ritenendo la sentenza ingiusta, il condannato al pagamento proponeva ricorso per Cassazione, il quale, tuttavia, veniva rigettato.
Secondo il ricorrente, in particolare, la Corte d’appello avrebbe errato nel ritenere che non fosse maturata la prescrizione del diritto fatto valere dall’INPS, in quanto il rapporto di locazione era cessato e l’INPS non era più l’unico proprietario dello stabile, dal momento che il conduttore aveva acquistato l’appartamento in questione.
Di conseguenza, secondo il ricorrente, ai sensi di quanto stabilito nel contratto di compravendita, “la definizione del saldo in relazione al pregresso rapporto di locazione avrebbe dovuto avvenire entro due danni dalla data della stipula della compravendita”.
La Corte di Cassazione, non riteneva di poter aderire alle argomentazioni svolte dal ricorrente, evidenziando che “nell’ipotesi di unico proprietario e locatore delle singole unità immobiliari che compongono l’edificio, la data di decorrenza della prescrizione biennale del diritto al rimborso degli oneri accessori, posti (per legge o per contratto) a carico dei conduttori, deve essere individuata in relazione a quella di chiusura della gestione annuale dei servizi accessori, secondo la cadenza con cui questa in concreto si svolge nell’ambito del rapporto di locazione”.
Tale conclusione, infatti, secondo la Corte, trovava giustificazione nel fatto che in tal modo “il proprietario singolo ha la possibilità di elaborare il consuntivo e di accertare se le spese effettuate per quell’immobile locato superino o meno gli acconti periodicamente percepiti alla chiusura della gestione annuale”.
A detta della Cassazione, dunque, risultava “irrilevante” che, successivamente alla chiusura delle gestioni di cui si trattava, si fosse verificato “un fatto (quale nella specie la vendita dell’appartamento) che ha fatto venire meno quella situazione di unica titolarità dello stabile”.
Secondo la Corte, inoltre, il termine indicato nella clausola contrattuale citata dal ricorrente non doveva considerarsi perentorio.
Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso proposto dal ricorrente, condannando il medesimo al pagamento delle spese processuali.